PIRANDELLO TOTAL BLACK
Paolo Perelli e il teatro al buio.
ESSENZATEATRO il nuovo polo culturale voluto, desiderato e agognato da Paolo Perelli sito in via Pio Paschini 45 a Roma, ha messo in scena dal 24 settembre al 3 ottobre 2021 una produzione ambiziosa, intima e di grande effetto che ha emozionato e incontrato l’apprezzamento del pubblico del X municipio. Parliamo dello spettacolo “Pirandello total black”, curato nei dettagli dallo stesso Perelli che ne è regista ed unico interprete. Lo spettacolo ha la particolarità innovativa, immersiva e sensoriale di essere completamente al buio.
Paolo Perelli regista, attore, doppiatore, dopo aver per lunghi anni recitato e gestito teatri classici, ha sentito l’esigenza nuova di dar vita ad uno spazio diverso, innovativo, altro, che rappresentasse pienamente le sue idee artistiche, estetiche ed emotive, basate da sempre sulla ricerca, sulla contaminazione e sulla diffusione di diverse culture e sensibilità di elevato spessore qualitativo.
Un antropologo delle emozioni il nostro Perelli che indaga, sin dagli esordi della sua carriera, nei labirinti delle varie espressioni artistiche che oggi sfociano e si concretizzano in questo nuovo spazio per dar voce a una assoluta novità, unica ed originale in Italia: Il teatro al buio.
Voce, tatto, suoni e profumi acquistano così una verità nuova, cruda a volte, ma estremamente affascinante, viscerale e vera. Accecante al buio, la verità fredda come una lama affilata giunge all’animo umano costringendo lo spettatore a denudarsi e ad entrare nello stesso punto di vista dell’attore. Attore e spettatore sono così legati a doppia mandata dal buio, da un patto di assoluta intimità “vis-à-vis” che si sancisce ad inizio spettacolo. Giochiamo insieme. Raccontiamoci la verità. Cala l’asso nella manica, cala il buio e raccontami chi sei veramente.
Uno spogliarsi coraggioso da tutti gli orpelli e da ogni maschera. Un mettersi a nudo bellissimo in uno spazio e in un tempo protetto in cui essere essenzialmente veri, non visti. È nel buio che allora tutto diventa terribilmente grande o incredibilmente piccolo; si perdono confini, orientamento, equilibrio. I sensi signori; olfatto udito, tatto, gusto si mettono in moto per acuirsi e sopperire la mancanza della vista. Il mondo e il nostro sentire si spostano da fuori a dentro e ci si vede nelle viscere. Si aprono gli occhi interiori dell’anima e ci si parla come mai si è abituati a fare. Cuore fegato cistifellea, connessi.
L’uomo dal fiore in bocca diventa così un incontro in una stazione ferroviaria ad personam. Ogni spettatore vede il suo spettacolo personale immaginato con i suoi colori, i suoi abiti, i suoi spazi.
Il mio treno era rosso, verde o blu. Il mio protagonista portava un cappello, il mio fumava la pipa. E l’ombra di una moglie apprensiva e in ansia indossa i lineamenti amichevoli di qualcuno conosciuto.
Vediamo dentro con una lente d’ingrandimento e via via si supera il timore del buio. La vertigine.
“ …che sotto a questa realtà, di cui scoprite la vana inconsistenza, un’altra realtà non vi si riveli…” (La trappola, L. Pirandello )
L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello dunque, un esempio di dramma borghese nel quale convergono i temi dell’incomunicabilità e della relatività della realtà, diventa al buio un colloquio intimo del nostro vissuto personale. Diventa Noi. Diventa mio padre nei lunghi mesi prima della dipartita o mia madre nell’ansia di tenerselo stretto per sempre sé. Una chiacchierata tra un uomo che si sa condannato a morire e che medita dunque sulla vita con urgenza e passione viscerale e un tipo come tanti, convenzionale, che non si fa domande sulla morte. Morte prevista e imprevista. La vita si lascia vivere superficialmente ma acquista stoffa, sfumature e ordito quando ci si accorge di non essere immortali. E in quel momento gesti abituali e quotidiani acquistano valore vitale ed inestimabile. Viverla, apprezzarla o disprezzarla è il messaggio che arriva allo spettatore più attento e acuto, per potersene andare dalle scene con meno dolore possibile.
“ Venga… le faccio vedere una cosa… Guardi qua sotto questo baffo. Qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: EPITELIOMA … la morte, capisce? È passata.
M’ha ficcato questo fiore in bocca e m’ha detto: ”Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!”
… Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa tranquillo e quieto come quella disgraziata vorrebbe“
La realizzazione di questo spettacolo è a di poco una perla rara di gran pregio, in cui Perelli vive e impersona l’illimitatezza umana che non si ferma davanti a nessun ostacolo o barriera architettonica. Riesce a portare per mano lo spettatore del buio, in un viaggio sensoriale ancestrale e atavico, riesce ad oltrepassare ogni limite fisico o mentale e a sperimentare, insieme all’oscurità e alle anime ormai conquistate, infiniti mondi, infinite possibilità, infinite volontà… come a dire davvero: “IO CE LA POSSO FARE“.
Federica Sarti